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Condanna di Federico II

Il Concilio di Lione del 1245 fu l’epilogo dello scontro, da tempo in atto, fra l’Imperatore Federico II e il Papato. Durante il Concilio l’Imperatore fu dichiarato decaduto dalla dignità imperiale e i sudditi furono sciolti dall’obbligo dell’obbedienza. Riportiamo da G. Galasso, Critica e documenti storici, vol. I, pp. 433-434, Napoli-Firenze, Martano, 1972, la sentenza di papa Innocenzo IV e la relazione, in difesa di Federico II, del giudice della Gran Corte Imperiale Taddeo di Sessa.


  • La sentenza di Innocenzo IV.
Dopo aver sottoposto ad accurata disamina, insieme con i nostri fratelli e al sacro concilio, i delitti sopra elencati del principe e molti altri, in forza del potere di legare e di sciogliere affidatoci da Cristo, che egli accorda al suo rappresentante in terra, a Noi, senza nostro merito, e che ha dato anche a Noi, attraverso la persona di san Pietro, dichiariamo e proclamiamo che il principe, il quale si è dimostrato indegno dell’impero e del regno nonché di tutti gli onori e dignità, a causa dei suoi peccati è ripudiato da Dio come imperatore e come re, è privato da Dio di tutti gli onori e dignità. Noi li togliamo a lui con questa sentenza e sciogliamo per sempre dall’impegno quanti gli sono legati dal giuramento di fedeltà, e in forza dell’autorità apostolica vietiamo a chiunque di obbedirgli o di secondarlo d’ora in avanti come imperatore o re.Disponiamo che chiunque in futuro gli accordi il consiglio, l’aiuto e il favore incorre per ciò stesso nella scomunica, coloro cui spetta l’elezione nell’impero devono eleggere senza indugi un successore. Sul regno di Sicilia disporremo Noi secondo il consiglio dei nostri fratelli.

  • La difesa di Taddeo di Sessa.
Appello fatto dall’imperatore Federico nel concilio generale celebrato a Lione mediante un cavaliere di nome Taddeo, procuratore del detto imperatore contro la sentenza di papa Innocenzo IV avversa a lui nel mese di luglio dell’anno di grazia 1245. Nell’anno di grazia 1245, nel mese di luglio, di mercoledì, vigilia degli apostoli Pietro e Paolo, nella chiesa maggiore di Lione il papa incominciò dapprima a celebrare il suo concilio, nel quale mise in discussione cinque articoli, precisamente il primo sull’ordinamento e le costituzioni di tutta la Chiesa in generale, il secondo sul sussidio da dare per la crociata, il terzo sull’impero di Costantinopoli […], il quarto contro la ferocia dei Tartari […], il quinto sulla Pace fra la Chiesa e l’imperatore. Per questa, oltre che per altri affari del re e del regno, furono mandati Ruggiero Bygodd conte di Norfolk, Guglielmo di Cantalupo, Giovanni figlio di Gualfredo, Rodolfo figlio di Nicola, Filippo Basset, baroni che intervennero non quel giorno, ma il secondo giorno della sessione del concilio.

In quei giorni il Papa mise in discussione contro l’imperatore molte cose a proposito di offese e di altro, e alcuni arcivescovi e vescovi del Regno di Sicilia molte altre a proposito di sacrilegi e di danni. A tutti costoro Taddeo giudice della corte imperiale rispose elegantemente per conto dell’imperatore. Intervennero anche per l’Imperatore il patriarca di Aquileia, […] il maestro Gualtieri di Ocra e moltissimi altri chierici. Quindi il lunedì seguente, vigilia della festa di Santa Maria Maddalena, cioè nel terzo ed ultimo giorno della sessione del predetto concilio, il papa e il sopra nominato Taddeo discussero a lungo, ma in quel giorno il papa procedette alla deposizione dell’imperatore con una sentenza contro di lui.

Avendola ascoltata, il sopra nominato Taddeo così disse: “Io Taddeo di Sessa, giudice della Gran Corte imperiale, dall’imperatore mio signore costituito come speciale procuratore per queste cose, dico che la sentenza del sommo pontefice contro l’imperatore in questo concilio è nulla, non essendosi osservata in essa alcuna regola di diritto e per conto dell’imperatore mi appello contro di essa al futuro romano pontefice e ad un concilio universale di re, principi e prelati, poiché il presente concilio non è universale”.

Dopo di che il papa licenziò tutti i prelati.

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