Federico II nel giudizio dei cronisti arabi
I due brani che seguono sono di Ibn Wasil e Sibt ibn al-Giawzi, due cronisti arabi testimoni oculari della visita a Gerusalemme dell’imperatore Federico II; sono tratti dal volume a cura di Francesco Gabrieli, Storici arabi delle crociate, Einaudi, Torino 1987.
I.Il significato di “califfo”
Ciò compiuto, l’imperatore domandò al sultano il permesso di visitare Gerusalemme. Il sultano lo accordò, e ordinò al quadi di Nabulus Shams addin di felice memoria, che godeva di gran prestigio e favore presso la casa ayyubita, di attendere al servizio dell’imperatore finché avesse visitato Gerusalemme e avesse fatto ritorno ad Acri. Dice l’autore Giamàl ad-din Ibn Wasil: il quadi Shams ad-din di felice memoria mi raccontò: quando l’imperatore re dei franchi venne a Gerusalemme, gli stetti accanto come mi aveva ordinato il sultano Malik al Kamil, ed entrai con lui nel Sacro Recinto, dove egli osservò i minori santuari. Entrai poi con lui nella moschea al-Aqsa, di cui ammirò la costruzione, e così quella del santuario della Santa Roccia. Giunto alla nicchia della preghiera, ne ammirò la bellezza, ammirò la bellezza del pulpito e ne salì i gradini fino al sommo; poi discese, mi prese per mano, e uscimmo verso al-Aqsa. Lì egli trovò un prete che aveva in mano il Vangelo e voleva entrare in al-Aqsa. L’imperatore gli fece un urlaccio, e gridò: “Cosa ti ha condotto qui? Perdio, se uno di voi torna a entrare più qui senza permesso, gli caverò gli occhi! Noi siamo gli schiavi e i servi del sultano, il Malik al Kamil. Egli ha concesso in grazioso dono a me e a voi queste chiese. Che nessuno di voi osi esorbitare dal posto che gli spetta!”. E il prete se ne andò tremando di paura. Poi l’imperatore se ne andò alla casa in cui gli era stato assegnato l’alloggio, e vi prese stanza […] Mi è stato narrato che l’imperatore, stando in Acri, disse all’emiro Fakhr ad-din ibn ash-Shaikh, di felice memoria: “Spiegami cos’è questo vostro califfo”. Fakhr ad-din disse: “È il discendente dello zio del nostro Profeta, che Dio lo bendica e lo salvi, il quale ha ricevuto la dignità califfale da suo padre, e suo padre dal proprio padre, onde il califfato rimane nella casa del Profeta, e non esce dai suoi membri”. “Com’è bello questo!” rispose l’imperatore, “ma questi uomini di poco senno - e intendeva i franchi - prendono un uomo dalla fogna, senza alcun vincolo di parentela e rapporto col Messia, ignorante e incapace di spiccicare parola, e lo fanno loro califfo, vicario tra loro del Messia, quando egli non meriterebbe punto, tale dignità. Mentre il vostro califfo, pronipote del vostro Profeta, egli è bene il più degno fra tutti della dignità da lui rivestita”.
Ibn Wasil
II.L’appello notturno dei muèzzin.
Domandò anche agli addetti al Santuario: “Queste reti sulle porte della Roccia, a che servono?”. Risposero: “Perché non ci entrino i passerotti”, e lui: “E Dio vi ha condotti qui invece i giganti!” [i crociati] . Venuto poi il tempo della preghiera del mezzogiorno, e risuonato l’appello dei muèzzin, si levarono tutti i suoi paggi e valletti, e il suo maestro, un siciliano con cui leggeva la Logica nei suoi vari capitoli, e fecero la preghiera canonica, ché erano tutti musulmani. L’imperatore, raccontarono sempre quegli inservienti, era di pel rosso, calvo, miope: fosse stato uno schiavo, non sarebbe valso duecento dirham. Ed era evidente dai suoi discorsi che era un materialista, che del Cristianesimo si faceva semplice gioco. Al- Kamil aveva ordinato al quadi di Nabulus Shams addin di dar istruzioni ai muèzzin affinché per tutta la durata del soggiorno dell’imperatore in Gerusalemme non salissero sui minareti e non lanciassero l’appello alla preghiera nella zona sacra. Il quadi si era scordato di avvertire i muèzzin, e così il muèzzin‘Abd al-Karìm quella notte al tempo dell’alba montò sul minareto, mentre l’imperatore alloggiava in casa del quadi, e prese a recitare i versetti coranici sui cristiani, come “Iddio non si è preso figlio alcuno” riferentesi a Gesù figlio di Maria, e simili. Al mattino, il quadi chiamò ‘Abd al-Karìm, e gli disse: “Cos’hai fatto? Il sultano ha ordinato così e così”. Rispose l’altro: “Tu non me ne avevi informato, mi rincresce”, e così la seconda notte non salì sul minareto. Al mattino seguente, l’imperatore chiamò il quadi, che era entrato in Gerusalemme addetto al suo servizio, e fu lui che gli fece la consegna della città: “O quadi, - disse - dov’è quell’uomo che salì ieri sul minareto e disse quelle parole?”.
Quegli lo informò che il sultano gli aveva fatto quella raccomandazione: “Avete fatto male, o quadi - ribatté l’imperatore - volete voi alterare il vostro rito e la vostra Legge e fede per cagion mia? Se foste voi presso di me nel mio paese, sospenderei io forse il suono delle campane per cagion vostra? Perdio, non lo fate; questa è la prima cosa in cui vi troviamo in difetto”. Indi distribuì una somma di denaro tra gli addetti e i muèzzin e i devoti del santuario, dando a ognuno dieci dinàr, non stette a Gerusalemme che due notti, e fece ritorno a Giaffa, temendo dei Templari che volevano ammazzarlo.
Sibt ibn al-Giawzi